Biagio Antonacci parla della sua adolescenza
9 Maggio 2023 - 13:00

Biagio Antonacci la confessione intima. Biagio Antonacci si racconta a 360 gradi. In una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera. Il musicista di Rozzano ha ripercorso le tappe della sua carriera e della sua vita privata, svelando aneddoti e dettagli inediti.
Origini umili per quello che è poi diventato una delle star più luminose del panorama della musica italiana. “La più grande soddisfazione della mia vita è quando ho visto mio padre parcheggiare la macchina in un garage vero, nel box sotto casa
Mi sono sentito Springsteen. Ho pensato: ma allora sono un figo anche io”, ha ricordato Biagio Antonacci a proposito dell’infanzia e dell’adolescenza passata nella periferia di Milano, un contesto per nulla idilliaco.
L’infanzia e l’adolescenza di Biagio Antonacci
“La prima cosa che ho fatto è comprare casa ai miei genitori, una villetta a schiera, fuori dal quartiere con i palazzoni dove sono nato“. Ha spiegato e tornando a quel garage, simbolo del riscatto sociale, ha aggiunto: “Era uno choc parcheggiare nei quartieri popolari
C’era tutta una strategia perché il parcheggio era una costruzione architettonica fantasiosa: bisognava spostare le altre auto a mano. Far uscire quello a lisca di pesce, d’inverno poi spesso le macchine non partivano e c’erano i cavi in comune, la batteria per tutti. Quando ho visto mio padre nel box ero felicissimo”.
Si diceva un contesto non facile. In famiglia però Biagio Antonacci ha respirato aria pulita e ricca di sogni. Quei sogni tanto inseguiti e poi raggiunti: “La vita era in cortile, ma i sogni erano più grandi dei palazzi, più potenti di quello che ci circondava. Io non volevo diventare un cantante, sognavo di fare il batterista.
Compravo cassette pirata alla fiera di Sinigaglia, lì c’erano i nostri spacciatori di sogni, nel quartiere invece gli spacciatori di tutt’altro“. Biagio Antonacci ha sottolineato di essere un autodidatta e di non aver mai studiato musica. L’idolo con cui è scresciuto da piccolo?
“Fino a 10 anni ascoltavo solo Julio Iglesias in tutte le lingue. Era geniale, mi sono innamorato di lui, aveva una voce che portava serenità in famiglia. Quando sentivo i miei che litigavano, gridavano e discutevano, io mettevo le sue canzoni e tutto finiva”.
A Rozzano, quando Biagio Antonacci era un giovanotto, sarebbe stato un attimo perdersi, finire nelle cosiddette brutte compagnie. Erano gli anni in cui la droga, soprattutto l’eroina, iniziava a circolare massicciamente, mietendo vittime a non finire. Lui se ne è sempre stato alla larga, grazie anche ad una educazione ferrea
“Avevo un padre che mi terrorizzava, mi metteva ansia solo all’idea di avvicinarmi alle droghe. Avevo 15 anni e c’erano quelli che si facevano le canne, giravano le prime metanfetamine, era pieno di eroinomani, spuntavano i primi casi di Aids. Per l’Aids ho perso due amici. Ad Adriano ho dedicato una canzone, Dove il cielo è più sereno”.